Quella polvere è la casa, il sogno, il vuoto che resta. Eleonora Daniel, al suo esordio con La polvere che respiri era una casa (Bollati Boringhieri), scrive un romanzo che smonta la banalità dell’amore e della sua costruzione, che si insinua tra le crepe di un “noi” compatto fino a un istante prima e poi, all’improvviso, sgretolato.

Si comincia con una coppia senza nome, che si muove all’unisono, che sogna, arreda, progetta. Poi arriva il desiderio, quel figlio che dovrebbe completare e invece destabilizza.
La voce narrante racconta dal dentro e dal fuori, accompagna il lettore a chiedersi chi stia parlando, se la casa, loro stessi, ma in una dimensione altra.
E quando questo noi si spezza, la narrazione cambia forma: i nomi emergono, Riccardo e Margherita si staccano dal plurale, la voce narrante si ritrae, il vuoto si allarga.
E c’è la favola, dentro questa storia: un libro che i due scrivono per un figlio che forse non arriverà, un racconto che è più reale della loro realtà.
Con una scrittura elegante, ritmata, che alterna momenti fluidi e concitati a pagine più sospese, Eleonora Daniel costruisce un romanzo sulla creazione e sulla perdita, sulla forza che hanno le parole e sul silenzio che resta quando non bastano più. La polvere che respiri era una casa è una storia che sembra sfuggire dalle mani lasciando il segno.
Eleonora Daniel
La polvere che respiri era una casa
Bollati Boringhieri
Pagine: 208
Prezzo: 16,00 euro