Probabilmente in molti conoscono questo titolo per via dell’adattamento cinematografico di un certo Alfred Hitchock: parliamo de La donna che visse due volte, film portato sugli schermi nel 1958 che si rifaceva alla bellissima storia raccontata quattro anni prima da Pierre Boileau e Thomas Narcejac. Oggi il romanzo dei de autori è stato riproposto da Adelphi, con la traduzione di Federica Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco, e,nonostante siano passati sessantaquattro anni dalla prima pubblicazione, non ha perso una virgola del suo fascino.
Una storia d’amore e ossessione, di mistero e angoscia, dell’impossibilità di dimenticare e di riportare in vita qualcosa che non si è mai accettato di aver perduto.
Siamo in Francia, la seconda guerra mondiale è in atto, Madeleine è una donna affascinante, dai capelli neri e gli occhi di ghiaccio, ed è sposata con un importante industriale, Paul Gévigne, uomo sempre impegnato col suo lavoro che ha però il tempo di accorgersi che la moglie, da qualche tempo, sembra come assente, spesso il suo sguardo si perde, la sua mente vaga altrove,e sembra ossessionata dalla figura e dallo spirito della bisnonna, Pauline Lagerlac.
Temendo che la moglie possa commettere terribili gesti, chiede ad un vecchio amico, oramai più che altro un conoscente, di sorvegliarla. La persona prescelta è Roger Flavières, ex poliziotto che ha lasciato il lavoro per un episodio che lo ha segnato per tutta la vita causato dal suo problema con le vertigini, che ora è avvocato. Flavières accetta l’incarico, e la prima volta che vede Madeleine a teatro se ne innamora. Un amore che non svanisce nemmeno quando, d’accordo con Gévigne, inizia a seguirla facendo in modo di conoscerla, avvicinandosi e instaurando un rapporto con lei, i suoi misteri, i suoi silenzi.
L’inquietudine è qualcosa che si prova costantemente leggendo La donna che visse due volte, e aumenta durante la descrizione del viaggio in macchina che Madeleine e Roger fanno, su richiesta di lei che nel frattempo continua ad avere riminiscenze della sua precedente vita (ovvero quella di Pauline), verso un paesino e la sua chiesa dallo svettante campanile. E qui succede qualcosa che segnerà Flevières , lungo la guerra e dopo: Madeline muore gettandosi dal campanile, e naturalmente lui non è stato in grado di salvarla. Ma è stato davvero un suicidio, o come insinuerà la polizia, il marito potrebbe essere coinvolto?
Inizia qui la seconda parte di questo thriller psicologico, Boileau e Narcejac ci portano avanti di quattro anni, a guerra conclusa, quando un giorno, per caso, Flevières crede di vedere Madeleine in una donna che invece gli si presenta col nome di Renée Sourange. Tra i due inizia una nuova relazione, ma Madeleine è più presente che mai.
Perfetta e angosciante la descrizione di quest’uomo che in testa ha solo la donna che amava, rovinato dall’alcol e ossessionato a tal punto da trasformare Renée nell’aspetto e nell’abbigliamento, completamente rivolto al passato con l’idea di far tornare in vita una persona che non c’è più, come accadeva a Madeleine con Pauline.
Ma chi è veramente Renée?
Il gioco dei doppi, il continuo rimando alla morte e alla reincarnazione, le fobie,sono gli ingredienti che hanno fatto di questo libro un capolavoro ancora attualissimo, come il film che il Maestro del brivido ne ha tratto.
Da leggere tutto d’un fiato, non potrebbe essere diversamente.
Bolieau – Narcejac
La donna che visse due volte
Adelphi
Pagine: 196
Prezzo: 18,00 euro