Alzi la mano chi non ha mai pensato nella vita di poter essere un ottimo detective, un investigatore coi fiocchi. Tra letteratura e televisione, tra Poirot e CSI, tutti abbiamo risolto omicidi e scovato l’assassino in men che non si dica.
C’è anche chi ci riesce assumendo dosi importanti di alcol e droga quotidianamente. Insomma, non proprio un esempio di Detective affidabile, o di essere umano affidabile. Martino Rebowsky, personaggio nato dalla penna di Matteo Monforte, si cimenta nell’ardua impresa in La vanità dei pesci pulitori ( Frilli Editore). L’infanzia di Martino è stata segnata da duri insegnamenti e dall’ordine: sempre ben pettinato e vestito da Piccolo Lord. Questo l’ha portato ad un rigetto, in età adulta: quando scopriamo il protagonista del romanzo lo troviamo sui quarant’anni, grande e grosso, soprattutto grosso. Beve, fuma, fa uso di droghe e suona la tromba di professione, in giro per il locali di Genova, città natia dell’autore e scenario de La vanità dei pesci pulitori. Le sue scelte fanno infuriare la madre, che sistematicamente dice al figlio che la farà morire di dolore. Continua a leggere