
Nulla materno

Quella polvere è la casa, il sogno, il vuoto che resta. Eleonora Daniel, al suo esordio con La polvere che respiri era una casa (Bollati Boringhieri), scrive un romanzo che smonta la banalità dell’amore e della sua costruzione, che si insinua tra le crepe di un “noi” compatto fino a un istante prima e poi, all’improvviso, sgretolato.
Si comincia con una coppia senza nome, che si muove all’unisono, che sogna, arreda, progetta. Poi arriva il desiderio, quel figlio che dovrebbe completare e invece destabilizza.
Sarah e Angélique si sono conosciute nel modo meno prevedibile: al cimitero. Era il giorno del funerale della madre di Sarah, e Angélique, con il profumo di mare e cioccolata calda addosso, le aveva detto che la solidarietà è l’unica cosa che salva dalle ingiustizie della vita. Da quel momento, le due bambine sono diventate inseparabili.
Anni dopo, però, la loro amicizia si spezza senza una spiegazione apparente. E poco tempo dopo, Sarah scompare.