Li chiamano El Diablo, il killer, il Re Leone, ma i ciclisti di professione prima di tutto fanno una fatica immensa, in allenamento, in gara. Ogni gara, che ha delle regole ben precise di tempi per andare incontro alle necessità di televisioni e sponsor. “Pensate che i grandi che hanno scritto la storia del ciclismo e che sono stati coinvolti in scandali doping fossero diversi dagli altri? “ Non proprio. Questa è la storia di Riccardo Riccò, che insieme al giornalista Dario Ricci ha scritto la sua storia in Cuore di cobra, libro edito Piemme. Tra maggio e luglio 2008 il ciclista di Formigine, vicino Modena, in pochissimo tempo passò dall’Olimpo al’inferno: dal secondo posto e miglior giovane al Giro d’Italia, vincitore di due tappe del Tour, venne poi trovato positivo al doping, quindi espulso, poi squalificato.
Due anni più tardi, pronto a tornare sul sellino, Riccò ha rischiato di morire per un’autotrasfusione di sangue infetto. Nuova squalifica per lui, di dodici anni.
La sua carriera finì così. Oggi Il Cobra, questo era il soprannome di Riccardo Riccò, si racconta nel libro scritto dal giornalista di Radio24, parlando del passato, degli errori, dei rimpianti. Ma anche delle dinamiche della squadra, poi del doping, del test all’EPO risultato positivo e del rapporto con il medico Riccardo Santuccione ( mancato nel 2017) del quale dice ” con Carlo ci lasciammo senza lasciarci”.
Un libro – confessionale che arriva a dieci anni da una stagione in cui è accaduto di tutto e che volge anche lo sguardo al futuro, nato da una conversazione, tra Riccò e Ricci: Continua a leggere